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Home Veneto Belluno

«Sanità pubblica veneta a rischio collasso». L’appello dei sindacati

L’appello di Cgil, Cisl e Uil Veneto: «Noi inascoltati: servono interventi urgenti, risorse e programmazione, per salvaguardare la qualità dei servizi e tutelare per tutti il diritto alla salute». Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità della Regione del Veneto, promette la convocazione a breve del tavolo permanente di consultazione per le politiche sociosanitarie.

redazione redazione
30/03/2023
in Belluno, Cronaca, Notizie, Padova, Primo Piano, Rovigo, Treviso, Veneto, Venezia, Verona
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Mestre-Venezia, 30 marzo 2023 – «La salvaguardia e il rafforzamento del sistema sociosanitario pubblico regionale devono diventare una priorità per tutti, forze sociali e istituzioni. Servono visione, strategia e una programmazione di ampio e lungo sguardo, per rispondere ai crescenti bisogni di cura e assistenza e garantire a tutti il diritto alla salute». È l’appello levatosi stamattina dall’assemblea sindacale unitaria, che ha visto raccolti a Mogliano Veneto 500 delegati e attivisti di Cgil, Cisl e Uil Veneto.

«Un appello rimasto finora inascoltato, come è rimasta senza risultati la nostra tenace interlocuzione con la Regione del Veneto – hanno sottolineato i tre segretari generali veneti Tiziana Basso (Cgil), Gianfranco Refosco (Cisl) e Roberto Toigo (Uil) –. E che oggi si fa ancora più deciso perché più alto è il livello della nostra preoccupazione per un sistema che presenta ampie falle ed è a chiaro rischio collasso. La situazione va ulteriormente aggravandosi, e si sono fatti ormai necessari interventi urgenti e risorse, per garantire il futuro stesso delle politiche sociosanitarie venete».

Fortemente indebolito in questi ultimi anni dagli ingenti e progressivi tagli alla spesa pubblica e anche dalle sfide poste dalla pandemia, il settore sociosanitario pubblico è da tempo al centro dell’iniziativa del sindacato, che a più riprese ha accesso i riflettori sulle tante criticità: pesante carenza di medici nei pronto soccorso, “fuga” di infermieri e operatori dagli ospedali per i pesanti carichi di lavoro, pensionamenti di personale sanitario non bilanciati da nuovi ingressi. E ancora riduzione dei posti letto nelle strutture ospedaliere e riabilitative, forte fragilità della medicina di base e dunque anche del sistema di prevenzione, precarietà dell’assistenza domiciliare, crescente ricorso ad esternalizzazioni di alcuni servizi e prestazioni, liste d’attesa infinite per esami diagnostici e visite specialistiche, con un aumento preoccupante delle diagnosi tardive e i cittadini costretti a rivolgersi alla sanità privata.

La stessa rincorsa a ritornare alla “normalità”, recuperando gli stop e i ritardi a cui ha costretto la pandemia, stanno tenendo ancora in grande stress il sistema e gli operatori, pilastro fondamentale durante i lunghi mesi dell’emergenza. Basti solo pensare alla difficoltà crescente ad accedere ai servizi del territorio e, di conseguenza, a quelli dell’emergenza, che non fa che sovraccaricare i pronto soccorso. Dall’altra parte c’è il concreto rischio di una progressiva predominanza della privatizzazione dei servizi. «Ciò significa differenti diritti alla salute per i cittadini – hanno insistito i segretari –: perché se c’è chi può rivolgersi al privato, c’è chi sarà costretto a scegliere purtroppo di non curarsi. Fenomeno in aumento, per cui non possiamo che manifestare apprensione».

Tra le priorità di intervento individuate dal sindacato: investire sul personale, facilitare l’accesso alle professioni e mettere in campo un piano straordinario di assunzioni, sostenere il sistema di prevenzione e potenziare la medicina di base, riorganizzare l’intera filiera dell’assistenza territoriale e riattribuire ai distretti il loro ruolo di coordinamento, favorire l’integrazione dei servizi,  C’è infine, ma non da ultimo, un grave problema di formazione (il numero chiuso degli ingressi ai percorsi universitari, e non solo, il mancato finanziamento delle borse di studio per i giovani ricercatori) ma pure di motivazione alla professione, aspetti che accanto agli altri preoccupano non poco i sindacati e i cui effetti purtroppo già sono visibili. Tutte queste azioni vanno messe in campo adottando un metodo partecipato, che coinvolga in maniera attiva, strutturata e continuativa le rappresentanze sociali e territoriali.

«Certo, non siamo oggi l’unico territorio in Italia a vedere la propria sanità in fragilità. Ma non c’è spazio per il mezzo gaudio in questo mal comune. Soprattutto se si ricorda che siamo un sistema d’eccellenza – evidenziano sempre i segretari –. Come sindacato siamo un osservatorio importante perché ogni giorno ascoltiamo le problematiche di lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate, come degli utenti tutti del servizio sanitario. Dagli esiti della giornata di oggi capiremo se ancora la Regione intenda fare da sola, continuando a far perdere pezzi alla nostra sanità pubblica, o piuttosto scelga di costruire un percorso di coinvolgimento e condivisione. Il luogo di discussione e confronto c’è e va valorizzato: è il tavolo regionale permanente di consultazione per le politiche sociosanitarie».

Rispondendo alle richieste e all’allarme dei sindacati, l’assessore alla sanità della Regione del Veneto Manuela Lanzarin ha evidenziato come, nella difficile situazione disegnatasi, il Pnrr stesso rappresenti una grande opportunità ma insieme anche un problema, perché ha portato sì risorse ma pure indicato standard organizzativi, connessi al riconoscimento dei finanziamenti, che i problemi attuali di personale non consentono di garantire. Il 2023 vedrà andare a compimento tre progetti regionali per la sanità. Il primo è il progetto di legge di riforma delle Ipab, il secondo la legge sugli Ats (gli ambiti territoriali sociali), e ancora la riorganizzazione dell’intera filiera dell’assistenza territoriale. L’assessore ha infine promesso la convocazione entro fine aprile del tavolo regionale di consultazione, come richiesto dai tre sindacati.

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